Precisione svizzera, visione italiana. L’architetto Gabriele Gascón, fondatore dello studio Gascón – The Italian hotel & Clinic Signature, progetta hotel e cliniche private di fascia alta come luoghi in cui la funzionalità incontra l’emozione, l’identità del brand dialoga con la sostenibilità e ogni spazio è pensato per rigenerare chi lo abita.
In questa intervista, l’architetto Gascón racconta la sua filosofia progettuale: un approccio sartoriale che fonde estetica e controllo dei costi, attenzione alla luce, ai flussi e alla psicologia ambientale. Dalle camere “a prova di recensione” al progetto Perfect Room, dall’evoluzione dell’hospitality post-pandemia alla sfida dell’integrazione tecnologica nei contesti medicali, emerge una visione lucida e colta del futuro del design per l’accoglienza e la cura.
Intervista a Gascón – The Italian hotel & Clinic Signature – Archieinteriors.com
Gascón – The Italian hotel & Clinic Signature è uno studio di architettura con un’identità ben definita, che unisce il rigore svizzero alla creatività italiana. Quali sono stati i fattori principali che hanno portato alla fondazione dello studio e come è nata l’idea di focalizzarsi esclusivamente sull’ospitalità e sulle cliniche private?
In prima persona, posso dire che la mia formazione e il mio vissuto mi hanno fatto approdare a questa scelta unendo due anime: la precisione Svizzera, con il suo rigore metodologico, e la passione Italiana, ricca di estro e cultura. Ho fondato lo studio con la convinzione che questi due mondi potessero dialogare in armonia per creare spazi capaci di rispondere alle esigenze funzionali del settore, ma anche di emozionare chi li vive.
Ho scelto di focalizzarmi sull’hospitality e sulle cliniche private di alta gamma perché credo profondamente nel potere rigenerante di questi luoghi. A me piace pensare che un hotel, una medical spa o una clinica siano spazi in cui la persona ritrova tempo ed energie per la propria anima. Qui ci si ferma, ci si stacca da telefoni e computer, i battiti rallentano e la creatività affiora. La mia missione è portare la bellezza in questi contesti.
Il vostro approccio alla progettazione è fortemente incentrato sulle esigenze funzionali, la gestione dei costi e il rispetto dell’identità del brand. Come riuscite a bilanciare questi aspetti con la necessità di creare spazi dal forte impatto estetico ed emozionale?
Le esigenze funzionali sono la colonna vertebrale, l’estetica è il guscio che plasmo attorno ad essa.
Noi crediamo che funzione ed emozione non siano dimensioni contrapposte, ma parti di uno stesso processo. Nel nostro metodo di progettazione, ogni scelta estetica dialoga con l’analisi dei costi e con l’identità del brand. Nel nostro studio amiamo la ricerca e la possibilità di poterci confrontare con studi e ricerche di ergonomia, neuroscienze e psicologia ambientale: ci aiutano a capire come un materiale, un colore o un’illuminazione possano influenzare l’esperienza di chi vive lo spazio.
Lavoriamo in team, coinvolgendo i clienti fin dalle prime fasi: definiamo insieme obiettivi funzionali, budget, target e linee guida di brand identity. Da qui, lasciamo spazio alla creatività ma sempre con un occhio alla sostenibilità economica. L’equilibrio nasce dalla volontà di non sacrificare la componente emozionale, anzi di esaltarla, integrandola alle soluzioni tecniche più idonee a garantire comfort, praticità e ritorno sull’investimento.
Ogni progetto di hospitality porta con sé una sfida unica. Quali sono gli elementi imprescindibili per la progettazione di un hotel o di una clinica di alto livello e quali aspetti vengono maggiormente considerati nella fase iniziale?
Prima di tutto, ascoltiamo. È fondamentale capire il contesto in cui sorgerà l’hotel o la clinica, le esigenze specifiche del target, il posizionamento del brand e i desideri del committente, l’anima che il cliente vuole donare ai futuri ospiti.
In fase iniziale, ci concentriamo su un’analisi dei flussi e dei touch point – come le persone si muoveranno nei vari ambienti – e su come ogni spazio possa generare un’esperienza positiva e memorabile.
Nei progetti articolati come hotel e cliniche, non possiamo trascurare i dettagli impiantistici, l’acustica e la flessibilità dei layout. Ma credo che ci sia anche un elemento intangibile, una sorta di “anima” del luogo, quello che un tempo veniva chiamato Genius Loci, che vogliamo far emergere attraverso materiali, luci, geometrie e relazione con il contesto locale. Nel caso di cliniche private o medical spa, questo “spirito” si esprime in un’atmosfera che infonde tranquillità, elevata privacy e benessere, favorendo una vera e propria rigenerazione fisica e interiore.
Avete collaborato con alcuni dei più prestigiosi hotel e cliniche internazionali, dal Palazzo Giovanelli a Venezia all’Hotel Splendide Royal in Svizzera. Quali sono stati i progetti più stimolanti della vostra carriera e quali sfide avete dovuto affrontare per portarli a termine?
Ogni progetto ci ha arricchito di nuove prospettive. Il restauro di Palazzo Giovanelli a Venezia è entusiasmante: abbiamo dovuto equilibrare la tutela di un bene storico con le esigenze di un hotel moderno e che volesse entrane nel mondo dei 5 stelle, in un contesto urbanistico unico al mondo, sul Canal Grande. La sfida più grande è stata armonizzare vincoli architettonici e soluzioni tecniche avanzate, ma il risultato finale regala la magia di un soggiorno fuori dal tempo che a breve verrà svelato.
All’Hotel Splendide Royal di Lugano, invece, ci siamo concentrati sull’immagine coordinata e sul restyling degli spazi di camere che vogliono lasciare l’impronta del committente in un contesto classico e dal senso eterno, senza perdere l’eleganza classica che contraddistingue la struttura. È stato un progetto di “cesello”: piccoli interventi in punti strategici, grande attenzione alla scelta dei materiali e dei colori, per rinnovare la percezione complessiva dell’hotel. È in questi contesti che il “rigore svizzero” e la “creatività italiana” si incontrano e danno vita a soluzioni personalizzate.
Il design dell’hospitality sta cambiando rapidamente, con una crescente attenzione alla personalizzazione dell’esperienza degli ospiti. Come Gascón interpreta questa evoluzione e quali strategie adottate per creare ambienti che rispondano alle aspettative di un mercato in continua trasformazione?
Vedo questa evoluzione come un’opportunità straordinaria. Di certo ogni progetto, ogni periodo, ogni epoca segna sicuramente un’evoluzione della lettura della società, del contesto della cultura antropica. Oggi le persone vogliono sentirsi speciali: cercano ambienti che le facciano sentire accolte e in parte anche coccolate il giusto. Noi rispondiamo a questa sfida progettando con coinvolgendo esperti di brand positioning, professionisti che si occupano di studi di settore e del marketing per integrare la personalizzazione nell’architettura stessa.
Credo molto nella contaminazione e nel raccogliere spunti da discipline diverse, approfondire lo storytelling d’impresa, mescolare la cultura locale alle conoscenze tecniche e del design. Questo mix ci permette di mantenere sempre frizzante la ricerca progettuale e la sua evoluzione.
La pandemia ha modificato profondamente il settore dell’ospitalità, introducendo nuove esigenze in termini di sicurezza, flessibilità e benessere. In che modo Gascón ha adattato il proprio approccio progettuale per rispondere a queste nuove sfide?
Abbiamo dato priorità alla sicurezza, ridisegnando i percorsi e prevedendo soluzioni che limitassero i contatti fisici e favorissero la sanificazione. Ma non ci siamo fermati a questo: la pandemia ci ha anche mostrato quanto sia importante offrire spazi che possano trasformarsi rapidamente, ad esempio stanze che diventano sale riunioni in caso di necessità o aree comuni riconfigurabili.
Abbiamo approfondito ulteriormente il tema del benessere psicofisico: un ospite, oggi più che mai, desidera sentirsi protetto e a suo agio. Devo dire che lavorando nel mondo delle cliniche ci siamo trovati avvantaggiati perché gestire la complessità in quei luoghi o il creare spazi più riservati per la prevenzione ci ha dato degli strumenti base da utilizzare nel mondo dell’hospitality. Ai tempi ricordo di camere comunicanti riallestite per inserire una zona living con tavolo per mangiare così da poter avere la massima sicurezza in termini di salute o piccoli riadattamenti in camere sempre per poter creare spazi di living e pranzo per non andare al ristorante. Le camere hanno sicuramente subito un’evoluzione, un piccolo corner con divanetto per gustare un piatto in totale serenità oppure ricordo l’uso di qualche robot ha aiutato i trasporti di valigie o di room service in camera. Abbiamo introdotto materiali con tecnologie di sanificazione continua agli ioni attivi, studiare l’illuminazione per creare un’atmosfera rilassante e integrare tecnologie digitali che semplificavano l’esperienza e l’interazione con lo staff dell’hotel senza però renderla fredda. È stato un periodo di nuovo equilibrio tra distanziamento e calore umano, tra protocolli di sicurezza e desiderio di bellezza. Da lì, la spinta verso l’hospitality ha preso una forte rinascita e un interesse notevole anche ai “non addetti ai lavori”.
Perfect Room è una delle vostre soluzioni più innovative, pensata per creare camere d’hotel “a prova di recensione”. Come nasce questo concetto e quali sono i principi che guidano la progettazione di una camera perfetta dal punto di vista del design e della funzionalità?
Perfect Room è frutto di una ricerca capillare sulle aspettative dei viaggiatori e sulle criticità più ricorrenti delle strutture ricettive. Ho voluto incrociare dati da recensioni online, interviste sul campo e analisi di mercato, per capire quali fossero i fattori chiave di gradimento in una camera d’hotel.
I principi fondamentali sono: estetica elevata (in linea con il brand dell’hotel e con un mercato di clienti sempre più esigenti ed internazionali), comfort (bagni ben pensati ed estroversi, materassi di qualità, isolamenti acustici, illuminazione adeguata), praticità (spazi ben organizzati, prese elettriche in numero sufficiente, controlli intuitivi di luci e temperatura). L’obiettivo è minimizzare gli aspetti che generano lamentele e massimizzare l’esperienza d’uso, così che ogni ospite si senta ascoltato e felice di un soggiorno che rispecchia le aspettative offerte.
Il vostro studio lavora con metodi di precisione e ottimizzazione dei costi, garantendo investimenti mirati e strategie di crescita per gli hotel. Quanto è importante il controllo dei costi nel processo progettuale e come riuscite a coniugare qualità ed efficienza economica?
Il controllo dei costi è cruciale: un progetto può essere bellissimo, ma se non è sostenibile dal punto di vista economico, rischia di non vedere mai la luce o di diventare un problema per il cliente. Noi mettiamo in campo analisi approfondite dei materiali, simulazioni di cantiere e piani di ammortamento, per garantire investimenti strategici e ritorni misurabili.
Allo stesso tempo, non vogliamo che l’attenzione ai costi penalizzi la qualità. Il nostro approccio si pone sempre l’obiettivo di trovare soluzioni alternative ad ogni punto critico al fine di poter ridurre tempi e sprechi ma dando sempre soluzioni che possano mettere d’accordo i vari attori che costituiscono l’operazione di un hotel o di una clinica…flessibilità è una parola chiave fondamentale. Non si può oggi essere radicati in convinzioni errate ma l’hotel è un business che richiede velocità e tempestività di ragionamento perché ogni giorno ha un valore economico notevole che non si può sprecare.
La luce gioca un ruolo fondamentale nell’esperienza sensoriale di un ambiente. Con il progetto Impact Light avete sviluppato soluzioni innovative per valorizzare gli spazi attraverso l’illuminazione. Quali sono gli aspetti chiave nella progettazione della luce per hotel e cliniche?
Ogni volta che viene accesa la luce all’interno di uno spazio progettato, avverto un’emozione, è come dare vita a qualcosa di ancora “silenzioso”. Personalmente, sono affascinato dal potere trasformativo della luce. Con Impact Light puntiamo a creare un’illuminazione che non sia solo decorativa, ma parte integrante dell’architettura. Studiamo i principi del circadian lighting per sincronizzare l’illuminazione con i ritmi biologici e favorire una sensazione di benessere. Il tutto parte da un’analisi con strumenti scientifici e test empirici che permettono di mettere in risalto i chiari scuri di uno spazio per renderlo più “drammatico”. Lo studio della luce è un laboratorio che costruiamo a più mani per creare scenari che diano feeling diversi e che si adattano alle esigenze di chi fruisce gli spazi. Ogni spazio è obbligatoriamente “made on measure”. In stanze simili ma con tessuti diversi, la fonte che illumina non può essere la medesima perché la riflessione della luce sul colore può dare cromie differenti e vanno controllate con cura per esaltare la veridicità del colore stesso senza distorcerlo.
Negli hotel, la luce deve saper cambiare registro: più audace e accogliente nelle aree comuni, più soffusa e rilassante nelle camere. Nelle cliniche o medical spa, invece, si cerca un equilibrio tra necessità operative (visibilità, sicurezza, igiene) e comfort psicologico per i pazienti, che spesso vivono momenti delicati. Per noi, l’illuminazione è un linguaggio: parla al nostro corpo e alla nostra mente, facilitando la concentrazione o invitando al relax. La luce ben studiata è quella pennellata che fa diventare uno spazio vivido e può indurre a compiere azioni.
Il concetto di Hotellerie Box e The Hotel Machine mira a riposizionare gli hotel e a migliorare la qualità percepita dagli ospiti. Come questi strumenti possono trasformare una struttura e quali risultati avete ottenuto nei progetti in cui li avete implementati?
Hotellerie Box è l’estratto della nostra filosofia, come lavoriamo, come agiamo, come ci proponiamo. È un po’ come una “valigia” piena di soluzioni collaudate: dai layout di camera alla resistenza dei materiali, fino al design di arredi intelligenti. The Hotel Machine è un approccio più globale, che tocca anche il brand e il marketing operativo, per riposizionare l’hotel sul mercato e che coinvolge un’equipe di specialisti di alto profilo per dare una visione a 360° del possibile futuro della struttura alberghiera o clinica.
Con questi strumenti, riusciamo a ottimizzare tempi e risorse, offrendo un percorso chiaro al cliente. Abbiamo ottenuto risultati tangibili in termini di aumento del tasso di occupazione, punteggi di gradimento più alti sulle piattaforme di recensioni e minor impatto sui costi di gestione. In sostanza, aiutiamo le strutture a rinnovarsi, senza disperdere energie e capitali, e a presentarsi sul mercato con un’identità più solida e riconoscibile.
Oltre agli interni, Gascón si occupa anche della valorizzazione di edifici storici, mantenendo il loro fascino e adattandoli alle esigenze contemporanee. Qual è la vostra filosofia nell’intervento su strutture preesistenti e quali sono le principali difficoltà nel coniugare storia e modernità?
Quando metto mano a un edificio storico, mi piace usare l’espressione “entrare in punta di piedi” perché sento la responsabilità di proteggere un pezzo di memoria collettiva. Se questa memoria invece è stata un po’ “danneggiata” o “nascosta” da precedenti ristrutturazioni, allora mi piace riportare in vita quel sapore vero che l’edificio racconta attraverso le sue preesistenze. Ripeto: non è solo questione di rispettare vincoli normativi, ma di entrare in punta di piedi nella storia che quelle mura raccontano. La nostra filosofia è quella di un “restauro empatico”: capire l’essenza del luogo, conservarla e integrarla con le tecnologie e i comfort indispensabili nell’ospitalità contemporanea. Permette agli ospiti di vivere qualcosa di “museale” ma a portata di mano, poter dormire di fianco a secoli di storia.
La sfida più grande è celare le soluzioni impiantistiche, garantire sicurezza e accessibilità senza alterare il valore architettonico originario. A volte, anche piccole modifiche a pavimenti o murature richiedono confronti con le soprintendenze, test di laboratorio e un lavoro sartoriale per armonizzare antico e moderno. Ma la soddisfazione di vedere un luogo ritornare a splendere, ripaga tutto l’impegno.
L’ospitalità di lusso richiede una cura estrema dei dettagli e un’identità visiva forte. Con il progetto Graphotel lavorate per costruire brand riconoscibili e accattivanti. Quanto è importante l’identità visiva per un hotel e come si integra con l’architettura degli spazi?
Credo che l’identità visiva sia il “vestito” con cui un hotel si presenta al mondo. Se è studiata con cura, diventa un richiamo potente per la clientela e un elemento di continuità tra tutti gli aspetti dell’esperienza: dalla segnaletica interna alla palette di colori delle stanze, fino al design dei menu e delle divise del personale.
Con il nostro servizio Graphotel, l’identità visiva è concepita in stretta collaborazione con il progetto architettonico: ci assicuriamo che ogni elemento grafico, ogni nuance cromatica, sia coerente con l’atmosfera generale e con i valori che l’hotel vuole comunicare. Questa coerenza, a mio avviso, è la chiave per far emergere il carattere di una struttura e creare un legame emotivo con gli ospiti e percepiamo che alcune scelte stilistiche vengano apprezzate perché spesso portano con sé un ricordo, come la custodia della card o un biglietto di saluto ben fatto e dedicato a loro, delle card dove raccontiamo la storia del dipinto che hanno in camera. A volte non si pensa ma questo portare con sé un “ricordo” dell’hotel è come far continuare quell’emozione una volta terminato il soggiorno.
La sostenibilità sta diventando un pilastro dell’architettura contemporanea. Come Gascón affronta il tema della sostenibilità nelle strutture alberghiere e cliniche e quali soluzioni innovative state implementando in questo ambito?
Per me, fare architettura sostenibile significa avere un approccio etico, in linea con la nostra missione di creare bellezza per il benessere delle persone e dell’ambiente. Cerchiamo di intervenire in modo circolare, selezionando materiali riciclabili, progettando impianti energeticamente efficienti e limitando sprechi e consumi. Tema molto importante è quello delle certificazioni. Abbiamo la possibilità di poter analizzare il progetto prima che si inizi a tracciare qualsiasi linea progettuale al fine di poter riflettere il tutto al fine di poter ottenere le necessarie linee guida al fine di poter ottenere questo traguardo, il che non è scontato perché non sempre si pensa a queste tematiche fin dai primi passi, il che rende più tortuoso il percorso quando l’opera è in progetto avanzato o addirittura in fase di realizzazione.
Stiamo sperimentando sistemi di ventilazione a recupero di calore, pannelli fotovoltaici integrati nei tetti per ben integrarli senza renderli troppo protagonisti, ma anche tecniche costruttive tradizionali rivalutate in chiave contemporanea. Inoltre, quando possibile, introduciamo elementi di biofilia negli spazi interni, come pareti verdi e giardini pensili, per avvicinare l’uomo alla natura anche nei contesti urbani. Vogliamo che ogni progetto lasci una traccia positiva, non solo sull’utente finale ma sull’intero ecosistema.
L’interazione tra tecnologia e design è sempre più rilevante nel settore dell’hospitality, con soluzioni smart che migliorano l’esperienza degli ospiti. Quali sono le tecnologie che, secondo voi, rivoluzioneranno il design degli hotel e delle cliniche nei prossimi anni?
Viviamo un’epoca in cui l’Internet of Things (IoT) è in rapida espansione. Credo che sistemi di intelligenza artificiale per la gestione degli ambienti – dai termostati smart ai sensori di presenza – diventeranno sempre più comuni. Negli hotel, vedo un crescente uso di dispositivi contactless per check-in/out e assistenti virtuali che semplificano la vita dell’ospite.
Nelle cliniche, la telemedicina e le piattaforme di monitoraggio remoto saranno centrali per migliorare la qualità delle cure e la gestione dei pazienti. A me, personalmente, interessa la possibilità di integrare queste tecnologie in modo discreto, quasi “invisibile”, così che il design rimanga avvolgente e l’esperienza sia fluida. Ritengo che la sfida del futuro consisterà nel fondere armoniosamente tecnologia, estetica e benessere. Ultimo punto sarà il portare tutto il know-how che abbiamo del mondo clinic anche negli hotel e viceversa. Questo permetterà di dare anche agli hotel degli strumenti di supporto “clinico” in caso di necessità. Questa frontiera sarà molto affascinante da percorrere.
Guardando al futuro, quali sono le tendenze emergenti nel settore dell’ospitalità e dell’architettura per le cliniche private? Come si sta preparando Gascón per affrontare le sfide del domani e quali nuovi progetti avete in cantiere?
Il futuro è orientato verso un concetto di ospitalità totalizzante, che coinvolge tutti i sensi e si prende cura della persona a 360 gradi. Hotel clinic e medical spa diventeranno sempre più luoghi in cui fermarsi, ricaricare corpo e mente, ritrovare energia e ispirazione. La nuova Gen Z, che avrà molto più tempo di viaggiare con le nuove tecnologia in smart working, sicuramente sarà da osservare con cura perché saranno i prossimi guest da soddisfare e una nuova transizione dell’hospitality che segnerà un nuovo passaggio nell’economia globale. In Gascón Group, ci stiamo già preparando con progetti che puntano su spazi multifunzionali, integrazione tra verde e architettura, e un approccio olistico al benessere.
Abbiamo in cantiere boutique hotel fortemente legati al territorio, dove l’ospite può scoprire tradizioni locali e percorsi di relax mirati, ma anche cliniche private che combinano avanzate tecnologie mediche con ambienti dal design caldo e accogliente. In queste strutture, si sperimenta una sorta di “pausa dal mondo”: i ritmi rallentano, la mente si libera e si torna a contatto con la propria anima. È qui che trovo la nostra missione audace: portare bellezza in spazi dedicati alla rinascita, donando nuove prospettive e forza a chi li attraversa.
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