Karim Rashid racconta la sua visione sul futuro del design: “L’intelligenza artificiale non minaccia la creatività, la espande”

Karim Rashid racconta la sua visione sul futuro del design: “L’intelligenza artificiale non minaccia la creatività, la espande”

C’è chi disegna oggetti. E poi c’è chi disegna visioni. Karim Rashid appartiene a questa seconda categoria: quella dei progettisti che non si limitano a interpretare il presente, ma lo anticipano — trasformando il design in un linguaggio vivo della contemporaneità.

Nato al Cairo nel 1960, da padre egiziano e madre inglese, e cresciuto in Canada, Rashid è oggi uno dei designer industriali più influenti e riconoscibili del mondo. Dopo la laurea in Industrial Design presso la Carleton University di Ottawa, ha proseguito la sua formazione in Italia, tra Napoli e Milano, affinando una visione che intreccia arte, artigianato e tecnologia.

Con oltre 4.000 prodotti realizzati, più di 400 premi internazionali e una presenza in oltre 40 Paesi, Rashid ha costruito un linguaggio visivo unico: forme morbide, linee organiche e colori vibranti che raccontano una poetica della leggerezza e della sensualità contemporanea.

La sua filosofia — spesso riassunta nell’espressione “design democracy”, o design per tutti — nasce dall’idea che ogni oggetto del quotidiano debba essere bello, accessibile e carico di significato emotivo. Non un semplice strumento, ma un veicolo di partecipazione, emozione e identità culturale.

Dalle collaborazioni con Vondom, Natuzzi, Alessi, Cielo, Artemide e Tonelli Design, ai progetti di interior design, hotel e spazi pubblici, ogni creazione porta con sé una visione ottimista e sensoriale del mondo. Il celebre cestino “Garbo” per Umbra, divenuto icona del design contemporaneo, ne è un esempio: un oggetto semplice trasformato in simbolo di eleganza e sensualità industriale.

Le sue opere fanno parte delle collezioni permanenti del MoMA di New York, del Centre Pompidou di Parigi e del SFMOMA di San Francisco, a testimonianza di una ricerca che va oltre il tempo e le mode.

Oggi, dal suo studio di New York, Rashid guida un team internazionale con un approccio multidisciplinare e olistico, dove oggetti, spazi, moda, musica e arte si fondono in un’unica visione estetica.
Il suo design è fluido, democratico e digitale, un inno alla contaminazione tra empatia umana e intelligenza tecnologica.

Nel dialogo che segue con Archi&Interiors, Rashid riflette su intelligenza artificiale, emozione, Made in Italy e futuro del design: un racconto lucido e poetico di come il progetto, oggi, possa ancora essere un atto d’amore verso l’umanità.

Intervista a Karim Rashid: il futuro del design è fluido, sensuale e umano

Karim Rashid intervista

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale può replicare la creatività, come immagini la prossima evoluzione del design come linguaggio della cultura contemporanea?

Il design è il DNA in evoluzione del progresso umano. Ogni epoca lascia dietro di sé i propri artefatti, e quegli artefatti raccontano la storia di chi eravamo e di ciò che valorizzavamo.
L’intelligenza artificiale non minaccia la creatività, la espande.
Diventa un altro pennello, un’altra intuizione algoritmica che ci permette di ibridare l’emozione umana con la precisione della macchina.
La prossima evoluzione del design riguarderà la coscienza, dove l’empatia umana incontra l’intelligenza digitale per creare un nuovo linguaggio estetico — fluido, emozionale e dematerializzato.

I tuoi progetti fondono forma e sentimento, ragione e piacere. Quanto è importante per te la dimensione sensoriale del design?

Per me, il design deve sedurre.
La funzione da sola non basta: è la risposta emotiva ciò che rende un oggetto capace di trascendere l’utilità.
Una sedia o una lampada “funzionano davvero” quando parlano ai tuoi sensi, quando vuoi toccarle, viverle, e lasciarle diventare parte del tuo rituale quotidiano.
Il minimalismo sensuale è il mio modo di dare emozione al razionale, morbidezza al digitale e umanità all’industriale.

Il colore è sempre stato il tuo manifesto. C’è un colore a cui ti senti più connesso oggi?

Karim Rashid designer

Il colore è energia, è il nostro primo linguaggio emotivo.
Mi sono sempre sentito profondamente connesso al rosa, perché simboleggia il nuovo essere umano — oltre il genere, oltre i cliché, pieno di ottimismo e sensualità digitale.
Ma ultimamente sono attratto dai gialli pallidi, azzurri baby e creme luminose, tonalità che suggeriscono un futuro più morbido e spirituale.
Il futuro dovrebbe apparire leggero, non pesante.

Ti sei formato in Italia, tra Napoli e Milano. Cosa ha significato per te quel periodo?

L’Italia è stato il mio laboratorio formativo.
Ho studiato con molti maestri lì e ho conseguito la mia laurea in una scuola di architettura e ingegneria.
L’educazione teutonica che ho ricevuto a Ottawa, in Canada, era completamente opposta all’approccio poetico, umano e politico degli italiani.
A Napoli ho scoperto la bellezza dell’imperfezione, come la vita e l’artigianato convivono con emozione e autenticità.
A Milano ho imparato la disciplina, il razionalismo e la potenza del design come sistema culturale.
Quella dualità — tra logica e lirismo — definisce ancora oggi tutto ciò che faccio.

Cosa rappresenta per te oggi il “Made in Italy”?

Preferisco dire “conceived in Italy” (concepito in Italia) piuttosto che “Made in Italy”, perché ormai non importa più dove qualcosa viene prodotto.
La globalizzazione e la tecnologia hanno cambiato questo paradigma.
Ciò che conta ancora è la mentalità italiana — quella profonda comprensione della bellezza, della qualità e della sensualità dei materiali.
È l’arte del fare con anima e intelligenza, non solo del produrre.
Lo spirito italiano rimane un ponte tra tradizione e innovazione, dove la saggezza locale incontra la coscienza globale.

Parli spesso di design democratico. Bellezza, sostenibilità e produzione di massa possono coesistere?

Karim Rashid designer famoso

Assolutamente sì.
Questa è la grande sfida del nostro tempo: progettare per il 99%, non solo per l’élite.
La vera democrazia nel design significa materiali intelligenti, produzione riciclabile, prezzi accessibili e impatto emotivo.
La sostenibilità non è solo ecologica, è culturale.
Significa progettare cose che le persone ameranno e terranno con sé, non che getteranno via.

Tra i tuoi innumerevoli progetti, ce n’è uno che incarna maggiormente la tua visione del futuro?

Ogni progetto riflette un momento diverso della mia vita, ma se dovessi scegliere, direi che il cestino Garbo resta emblematico, perché ha trasformato qualcosa di banale in qualcosa di sensuale e iconico.
Più recentemente, le mie collaborazioni con Natuzzi, Nisi Italia e Zellerfeld parlano del futuro — dove la morbidezza incontra la tecnologia, dove la forma fisica si fonde con la fabbricazione digitale.

Hai spesso anticipato le tendenze — dal digitale al genderless. Quali direzioni trovi più interessanti oggi?

Karim Rashid design del futuro

Ci stiamo muovendo verso la dematerializzazione, dove oggetti, spazi e identità sono fluidi e senza confini.
Mi affascinano la materialità digitale, la tattilità virtuale e la fusione tra reale e virtuale in esperienze ibride.
Il futuro del design sarà legato all’emozione nell’immaterialità, a come creiamo significato in un mondo sempre più virtuale.

Il tuo studio di New York è un laboratorio creativo di contaminazioni. Quanto è importante oggi l’interdisciplinarità?

Karim Rashid New York

Oggi il design non può esistere in isolamento.
Tutto è connesso: architettura, musica, moda, arte, scienza, cultura digitale.
Il mio studio è un ecosistema in cui queste discipline si fondono in un’unica energia creativa.
Progettare in modo olistico significa capire che uno spazio, una scarpa o una sedia fanno tutti parte dello stesso continuum culturale — esprimono tutti la nostra condizione umana.

Se dovessi immaginare un manifesto per il design del futuro in tre parole?

Sensuale. Umano. Fluido.

Perché il design deve sempre toccare i nostri sensi, servire l’umanità e fluire con i tempi che cambiano.
Il futuro non riguarda il controllo o la perfezione, ma la fluidità, l’empatia e l’evoluzione.

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