Nel cuore della Brianza, dove il design è cultura e ogni dettaglio racconta una storia, nasce BertO, azienda che dal 1974 interpreta e rinnova l’identità produttiva di Meda, capitale dei Compassi d’Oro e culla del Made in Italy più autentico.
In un’epoca in cui la casa è sempre più un luogo emotivo e identitario, BertO ha trasformato il comfort in progetto, il divano in linguaggio, e la tradizione locale in visione globale.
Alla guida del marchio, Filippo Berto rappresenta una generazione capace di coniugare eredità e innovazione: la sua visione ha portato l’azienda a essere tra le prime a sperimentare la comunicazione digitale, raccontando con sincerità e trasparenza il dietro le quinte di un design che mette le persone al centro.
Lo abbiamo incontrato per parlare di radici, futuro e di come un marchio nato nella Brianza produttiva sia diventato un modello internazionale di contemporaneità, capace di fondere ricerca, sostenibilità e cultura del progetto.
Filippo Berto ci racconta BertO: “Il nostro design nasce a Meda ma parla al mondo”

BertO nasce nel 1974 a Meda, nel cuore della Brianza. In che modo quel contesto produttivo e culturale continua ancora oggi a plasmare l’identità dell’azienda?
Il territorio è il nostro DNA ed è anche la nostra idea di futuro. Siamo eredi di questo territorio, ne abbiamo percepito l’importanza per il suo passato e per la sua forza per il futuro. Meda, capitale dei Compassi d’Oro, è il luogo dove il design è nato e dove continua a rinnovarsi.
Il nostro impegno è far sì che il patrimonio del passato riviva e ispiri una nuova generazione.
Il vostro “Made in Meda” è diventato un manifesto riconoscibile. Che significato ha oggi custodire e rinnovare questa eredità artigianale in un mercato globale?
Il nostro obiettivo è far conoscere il valore di questo territorio. Abbiamo pubblicato un libro e siamo costantemente presenti nelle scuole e nella vita sociale locale, per coinvolgere sempre più persone. Ci piace l’idea di far appassionare sempre più persone a questo territorio, fondamentale per il design, ancora poco conosciuto, ma che merita di essere valorizzato.
Lei guida un’azienda familiare che è riuscita a trasformarsi in brand internazionale: quali sono stati i passaggi più complessi e quali le intuizioni decisive?
BertO ha sempre avuto un’anima innovativa. Mio padre nutriva un costante desiderio di cambiamento e miglioramento: non si fermava mai. Ho avuto la fortuna di osservare il suo talento e, quando è stato il mio turno, ho cercato di interpretare la realtà in trasformazione. All’inizio degli anni 2000, l’intuizione decisiva è stata Internet: non solo come canale di vendita, ma come strumento di dialogo diretto con i clienti. Grazie a questo approccio, abbiamo costruito un’azienda in grado di ascoltare le persone e di servire le loro esigenze in modo diretto e autentico.
Nei vostri racconti emerge che il divano non è un semplice arredo, ma il cuore della vita domestica. Quanto questa visione orienta la progettazione delle collezioni?

Il divano è da sempre il luogo dell’intimità, delle relazioni e della quotidianità. Il nostro impegno è offrire soluzioni modulari, capaci di rendere lo spazio funzionale e al tempo stesso trasformarlo con design e stile, dando un’impronta personale. Cerchiamo soluzioni all’avanguardia anche dal punto di vista tecnico e qualitativo, alzando costantemente l’asticella.
La personalizzazione è un tratto distintivo di BertO. Che cosa significa oggi realizzare un prodotto “su misura” e come risponde alle nuove esigenze dell’abitare?
Ogni casa e ogni persona è diversa. Offrire la possibilità di personalizzare è straordinario, perché permette di creare soluzioni che rispecchiano davvero lo stile e il progetto di ciascuno. Nasciamo come tappezzieri artigiani, capaci di realizzare qualsiasi cosa su misura: questa capacità è parte integrante del nostro DNA.
Artigianalità e tecnologia convivono nei vostri progetti. Come si intrecciano la manualità tradizionale e la ricerca sui materiali e sui processi produttivi?

Il lavoro del tappezziere conserva un altissimo livello di artigianalità: è la firma distintiva del nostro territorio. In BertO lo valorizziamo con lavorazioni uniche, frutto del sapere locale e della nostra esperienza. Allo stesso tempo, abbiamo abbracciato l’evoluzione della progettazione e della costruzione, convinti che un prodotto realizzato in Italia debba essere all’avanguardia non solo nello stile, ma anche nella tecnica. Nei nostri divani si incontrano ricerca, innovazione e qualità, sia nelle imbottiture sia nelle strutture.
Nel vostro racconto emerge spesso l’attenzione alle persone: chi lavora in BertO, le mani che cuciono, le storie individuali. Quanto contano i volti dietro i prodotti per definire l’identità del brand?
Valorizzare le persone è fondamentale. Il prodotto finito è il risultato di un lavoro importantissimo, compiuto da chi mette competenze, talento e impegno in ogni dettaglio. La relazione tra chi realizza e chi utilizza il prodotto è al centro del nostro approccio. Per questo abbiamo aperto le porte del nostro laboratorio: vogliamo mostrare un processo che, per noi, ha la stessa importanza del risultato finale.
Quali valori guida deve incarnare una squadra che lavora sul design Made in Italy per distinguersi a livello internazionale?
Oggi il Made in Italy deve coniugare innovazione tecnica e qualità, tenendo conto di temi come economia circolare, sostenibilità ed efficienza dei processi. Il mondo si aspetta non solo un design distintivo, ma anche eccellenza tecnica e quella componente umana che rende l’artigianalità percepita così preziosa.
Avete realizzato spazi per artisti come Ermal Meta o Rudy Zerbi. Cosa significa interpretare il carattere e la sensibilità di personalità creative attraverso l’arredo?

È una sfida affascinante: significa saper leggere l’anima di chi vivrà quegli spazi e trasformarla in forme, materiali e dettagli, dando vita a luoghi che rispecchiano davvero la loro unicità.
Che ruolo hanno le collaborazioni con studi come Castello Lagravinese nel definire il linguaggio estetico e progettuale delle vostre collezioni?

Con Castello Lagravinese Studio c’è un autentico lavoro di partnership. Condividiamo una visione comune del marchio e un approccio al lavoro che va oltre il singolo progetto. Puntiamo insieme alla qualità, combinando tecnica e materiali, e guidiamo l’evoluzione dei rivestimenti. Soprattutto, creiamo nuove collezioni partendo da esigenze concrete dei clienti e del marchio: nulla nasce per caso. Il nostro approccio è scientifico e, negli anni, abbiamo costantemente evoluto ogni aspetto creativo, dalla produzione alla ricerca e sviluppo, fino a tutto ciò che interagisce con i clienti. Anche foto, video e cataloghi sono il risultato di una condivisione totale del progetto.
Siete stati tra i primi a sperimentare il digitale con blog, social e oggi un canale YouTube internazionale. Perché per voi la comunicazione è parte integrante del progetto di design?
Quando ho capito di essermi innamorato del lavoro che si svolgeva ogni giorno nel nostro laboratorio e di tutto ciò che accadeva nella mia città, ho compreso l’importanza e la necessità di condividere queste esperienze, portandole a quante più persone possibile. Una volta riconosciuto il valore di ciò che avevamo tra le mani, ho avuto la fortuna di sperimentare i canali digitali ogni volta che se ne presentava l’opportunità.
Il blog, nato nel gennaio 2004, è stato il primo strumento: un vero diario in cui raccontare la storia e il percorso che stavamo compiendo. Grazie a questo abbiamo potuto mostrare ciò che accadeva dietro le quinte e farci conoscere, anche come piccola azienda. È stato un percorso di apprendimento e crescita, così come lo sono stati i social, che abbiamo sempre accolto e sperimentato cercando di viverli in prima persona. Abbiamo capito che questi strumenti erano fatti su misura per noi, capaci di superare le barriere che nel mondo tradizionale ci separavano dai media.
Raccontare il Made in Italy in inglese a un pubblico globale significa anche tradurre valori culturali. Quali sono le sfide di questa narrazione?
La sfida è sicuramente far percepire al pubblico internazionale che dietro ogni progetto ci sono persone, territori e saperi che rendono unico il Made in Italy.
Dal vostro osservatorio, quali risultati tangibili vi ha restituito l’investimento nel digitale in termini di riconoscibilità e di relazione con i clienti?
Il digitale ci ha permesso di avvicinarci alle persone e di creare relazioni autentiche. Abbiamo sempre concepito la comunicazione in questo modo: come un’opportunità per entrare in contatto con molte persone e accompagnarle a riscoprire il valore del lavoro, della manifattura e del design. La comunicazione ci consente di restare vicini alle persone, di “tenere loro la mano”. È un linguaggio complesso, da interpretare e tradurre con cura, ma ci ha dato grandi risultati: un marchio più riconoscibile e una crescita concreta e tangibile.
Sostenibilità per voi è una parola che riguarda materiali, processi, ma anche stili di leadership. Come si declina concretamente questo approccio in BertO?

Per noi sostenibilità significa rispettare il territorio, consapevoli dell’impatto che la nostra attività economica esercita su di esso. Significa collaborare con persone che condividono le stesse sfide, fare ricerca costante e innovare nei processi, dagli imballaggi all’incollaggio, dall’economia circolare alla realizzazione dei prodotti. La sostenibilità per noi è concreta e quotidiana: non uno slogan, ma una scelta reale e un principio guida che attraversa ogni aspetto del nostro lavoro.
Qual è la sfida più grande nel coniugare crescita aziendale, responsabilità sociale e innovazione nel design?
La sfida più grande è imparare. Ogni giorno, nel mio lavoro di imprenditore, cerco di trarre insegnamento da tutto ciò che accade intorno a me: è una sfida personale continua. sia fondamentale bilanciare velocità di crescita e profondità di valori, senza sacrificare qualità e identità per inseguire solo i numeri.
A Milano Design Week avete aperto CASA BertO, creando un luogo d’incontro tra professionisti e appassionati. Che cosa significa per voi costruire una community intorno al brand?

Significa condividere un progetto culturale, non solo commerciale. Creare legami che vanno oltre l’acquisto. È l’essenza di BertO: senza la community, questo progetto non esisterebbe. È straordinario vedere clienti e appassionati partecipare semplicemente per il piacere di ritrovarsi.
Abbiamo avuto la fortuna di costruire relazioni autentiche: ascoltando i nostri clienti, possiamo migliorare e creare oggetti che diventano protagonisti degli spazi, utili e significativi. Gli eventi rafforzano il legame con il brand, offrono l’occasione di scoprire novità, raccontarsi e condividere esperienze. Questo ci dà grande energia e ci rende orgogliosi del percorso compiuto.
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In che modo podcast, incontri e collaborazioni con giovani designer contribuiscono a trasformare un marchio in un’esperienza condivisa?
Ogni iniziativa amplia il racconto, accende nuove prospettive e rende il brand un laboratorio vivo, non solo un produttore di arredo.
Guardando al futuro del Made in Italy, quali tendenze ritiene fondamentali per il design di domani?

Personalizzazione, sostenibilità, digitale e condivisione tra discipline.
Quale sarà, secondo lei, il ruolo di BertO nei prossimi dieci anni: un marchio sempre più internazionale, sempre più digitale o ancora più radicato nel territorio?
Il digitale sarà imprescindibile, perfettamente integrato con i nostri showroom fisici. La nostra visione unisce radici solide, prospettiva globale e strumenti digitali come linguaggio universale, creando un’integrazione sempre più armoniosa tra mondo digitale e realtà fisica.
Se dovesse racchiudere la visione futura di BertO in tre parole, quali sceglierebbe?
Autenticità – Innovazione – Ascolto
Guardando al vostro catalogo, quali sono i prodotti più rappresentativi di BertO e perché proprio quelli raccontano al meglio la vostra identità?
I prodotti che meglio raccontano l’identità di BertO sono quelli che nascono dall’incontro tra ricerca estetica, comfort e la capacità di personalizzazione: parliamo dei divani modulari come David e Iggy, dei letti come East Side, e dei complementi come lo scrittoio Jim. Sono progetti che esprimono in modo chiaro la nostra visione del design: forme raffinate, materiali naturali, tecniche artigianali unite a tecnologie avanzate. Ogni pezzo è pensato per entrare nella vita delle persone e trasformarla.
Qual è il prodotto più iconico di BertO? Raccontateci la sua storia.

Il prodotto più iconico è senza dubbio il DivanoxManagua: è stato infatti realizzato con la partecipazione di studenti, amici, clienti e maestri artigiani – nel corso di 6 sessioni di lavoro aperte a tutti, da gennaio ad aprile 2013 per raccogliere fondi e finanziare la Scuola per Falegnami all’interno del Mercado Mayoreo di Managua, con Terre des Hommes Italia.
Il capitonné, simbolo di eleganza e complessità artigianale, è diventato il terreno su cui sperimentare nuove forme di collaborazione e innovazione sociale. Le mani dei nostri maestri tappezzieri hanno dialogato con quelle dei giovani e dei partecipanti, trasformando un oggetto tradizionale in un simbolo contemporaneo di comunità e di apertura. Abbiamo capito che sarebbe diventato un pezzo simbolo del brand quando, al di là della sua bellezza formale, ha iniziato a raccontare una storia fatta di persone, valori e futuro.
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