Non basta più dormire bene. Chi viaggia oggi – soprattutto chi ama l’architettura, il design e il paesaggio – cerca un rifugio che parli una lingua diversa. Che sia bella, sì, ma anche rispettosa. Intima. Vera.
In un’epoca in cui l’ospitalità rischia di trasformarsi in un’esperienza artificiale, scollegata dai luoghi e dai valori, esiste una nuova generazione di hotel italiani che resiste con stile. Sono hotel che non ostentano, ma raccontano. Che non si impongono sul territorio, ma vi si radicano con gentilezza.
In questo articolo vi portiamo in 10 destinazioni italiane dove il design incontra la sostenibilità. Dove le camere diventano scenografie silenziose per esperienze autentiche. E dove ogni scelta – un tessuto, una piastrella, una luce – ha una storia da raccontare.
Non sono hotel mainstream. Alcuni sono nascosti tra i monti, altri celati in città d’arte. Ma tutti hanno una cosa in comune: hanno scelto la bellezza lenta. Quella che non inquina, non ruba spazio alla natura, ma la ascolta.
Come li abbiamo scelti: design autentico, non ostentato
In questa selezione non troverete hotel che si limitano ad “apparire” sostenibili. Ogni struttura è stata selezionata secondo almeno tre di questi criteri:
presenza di un concept d’autore o interior design riconoscibile
uso di materiali naturali, locali, riciclati o a basso impatto
attenzione concreta alla sostenibilità energetica e sociale
recupero di edifici esistenti o valorizzazione del paesaggio
coinvolgimento della comunità locale e filiere etiche
Il risultato? Luoghi dove l’estetica non è fine a sé stessa, ma parte integrante di un processo culturale e ambientale più ampio.
1. Forestis Dolomites – Bressanone, Alto Adige
Minimalismo alpino tra le nuvole
Nel cuore delle Dolomiti, a 1800 metri d’altitudine, sorge un esempio luminoso di architettura silenziosa. Forestis non è un hotel: è un rifugio sospeso nel tempo. Le sue torri verticali in legno di larice sembrano nate direttamente dalla foresta, e tutto – dai materiali agli arredi – rispetta la filosofia wabi-sabi: essenziale, naturale, imperfetto.
Il progetto di recupero nasce da un sanatorio dell’epoca asburgica, reinterpretato da Armin e Teresa Hinteregger insieme allo studio Asaggio. Le suite panoramiche sono vere e proprie vetrate sulla natura, e l’interior design – fatto di legni locali, tessuti in lana cotta e pietra dolomitica – dialoga con la quiete circostante.
Perché è qui
Il design è pensato per calmare i sensi: nessun eccesso, solo forma e funzione
La sostenibilità è integrata nel sistema di costruzione passiva e nei materiali locali
L’esperienza è totalizzante: yoga nella foresta, alimentazione plant-based e silenzio come terapia
2. La Dimora delle Balze – Noto, Sicilia
Tra heritage e visioni contemporanee, il Sud che incanta
La Sicilia è piena di masserie, ma poche hanno il fascino evocativo e contemporaneo della Dimora delle Balze. Siamo tra Noto e Modica, su un altopiano che sa di fiori selvatici e vento caldo. Qui una tenuta dell’Ottocento è stata trasformata in un hotel emozionale, dove ogni stanza è diversa e ogni dettaglio è pensato per durare.
Il progetto, curato dalla designer e imprenditrice Elena Lops, non si limita a restaurare: reinventa con cura. Il cemento grezzo incontra le cementine originali, l’intonaco naturale abbraccia le pareti scolpite dal tempo. Nelle camere, opere d’arte contemporanea convivono con testate in ferro battuto e vasche in pietra lavica.
Perché è qui
Il recupero è stato fatto nel pieno rispetto della struttura originaria, con materiali locali e tecniche artigianali
Il design è eclettico ma armonioso, in equilibrio tra storia e presente
L’esperienza include arte, cultura e cucina biologica a km zero in un giardino aromatico
3. Villa Lena – Palaia, Toscana
Creatività diffusa nella campagna toscana
Villa Lena non è un semplice hotel. È un ecosistema creativo. Situata tra le colline incontaminate della Valdera, questa ex villa ottocentesca – un tempo dimora nobiliare decadente – è oggi uno dei più interessanti progetti di ospitalità rigenerativa in Europa. Un luogo dove arte contemporanea, agricoltura sostenibile e interior design dialogano senza forzature.
Il merito è di Lena Evstafieva (ex curatrice d’arte a Londra), insieme al regista Jérôme Hadey e al musicista Lionel Bensemoun, che hanno trasformato la tenuta in un centro di residenza artistica con alloggi per ospiti sensibili alla bellezza non convenzionale.
Gli interni sono una fusione spontanea di oggetti vintage, design essenziale e tocchi bohémien. Niente stanze tutte uguali: ogni edificio ha una personalità propria. Si soggiorna in antichi fienili restaurati, ex stalle riconvertite, suite immerse tra vigneti e uliveti.
Perché è qui
Il progetto è fondato su rigenerazione territoriale, con restauro sostenibile e autosufficienza agricola
Ogni stagione accoglie artisti in residenza: il design evolve, si contamina, respira
La cucina è agricola e stagionale, con prodotti bio della tenuta e piatti vegetariani creativi
“Abbiamo lasciato spazio all’imperfezione – racconta Lena – e alla natura di trasformare tutto.”
4. Vocabolo Moscatelli – Calzolaro, Umbria
Un monastero medievale rinasce tra lino grezzo e marmo rosa
Vocabolo Moscatelli è una sorpresa. Siamo in Umbria, in una frazione quasi invisibile ai radar del turismo di massa, ma ciò che accade qui è puro design poetico. Una struttura del 1364 – un antico convento benedettino – è stata trasformata in uno dei boutique hotel più raffinati e rispettosi dell’interior contemporaneo italiano.
Il progetto porta la firma della coppia Dieter e Valentina Graf, che hanno dato nuova vita all’edificio con il supporto dello studio milanese Studio Klass. Il risultato è un equilibrio stupefacente: il fascino mistico dell’antico si fonde con geometrie pulite, tessuti naturali, superfici materiche e una palette di colori ispirata alla terra.
Ogni suite è curata come un microcosmo. Arredi disegnati su misura, lenzuola in lino italiano, illuminazione soft e silenziosa, bagni in marmo rosa di Verona. All’esterno, un giardino monastico con piscina in pietra e viti rampicanti.
Perché è qui
L’intervento architettonico è sartoriale, rispettoso delle forme originarie e ispirato alla quiete monastica
- I materiali provengono tutti dall’Umbria o da fornitori italiani sostenibili
L’esperienza si vive lentamente: si può meditare, fare yoga, leggere in biblioteca, o cucinare con lo chef
Un rifugio per designer, fotografi, scrittori. E per chi crede che la sostenibilità sia anche mentale.
5. Casa Maria Luigia – Modena, Emilia-Romagna
Un’ode al gusto, tra arte, design e agricoltura
Casa Maria Luigia è la perfetta espressione di cosa significhi “vivere il design” attraverso tutti i sensi. Nata da un’idea dello chef stellato Massimo Bottura e di Lara Gilmore, sua moglie, è una villa emiliana del XVIII secolo ristrutturata con sensibilità contemporanea e spirito internazionale. Qui si viene per dormire tra pezzi d’arte contemporanea, ma anche per vivere un’esperienza culinaria tra le più visionarie d’Europa.
La residenza è immersa in 12 ettari di campagna modenese, dove orti biologici, viali di tigli e un campo da padel convivono in equilibrio con la quiete del paesaggio. Gli interni, curati da Lara con un gusto raffinato e personale, sono un collage sofisticato di design italiano, fotografia, installazioni, vinili e arredi mid-century. In ogni stanza, una sorpresa visiva.
Ma la vera rivoluzione è la sua sostenibilità culturale: Casa Maria Luigia ha trasformato l’ospitalità in un’opera d’arte totale, dove cibo, ambiente e design si nutrono a vicenda. L’energia è autoprodotta in parte, il recupero della villa ha valorizzato materiali originari, e gli ingredienti della cucina arrivano dalla stessa terra che circonda la struttura.
Perché è qui
Il design è un percorso tra arte, architettura e cibo: un’esperienza estetica multisensoriale
La sostenibilità è vista come cultura, radicata nel rispetto della terra e nella valorizzazione dell’esistente
Ogni soggiorno è un evento: colazioni firmate Bottura, performance artistiche, silenzi preziosi
“Volevamo una casa per raccontare storie”, ha detto Lara Gilmore. E ci sono riusciti.
6. Adler Lodge Ritten – Renon, Alto Adige
Una foresta privata sospesa tra architettura e silenzio
L’Adler Lodge Ritten non è solo un lodge: è un progetto architettonico immersivo pensato per farti sentire parte della natura. Situato sull’altopiano del Renon, con vista diretta sulle Dolomiti, è un esempio concreto di come il lusso possa essere sostenibile, silenzioso e integrato.
La struttura si sviluppa come un piccolo villaggio nel bosco, composto da una main lodge e 20 chalet indipendenti in legno. Ogni volume è costruito con materiali locali – legno di larice, pietra naturale, vetro – e progettato con la tecnica del “low impact footprint”. Le forme architettoniche, firmate da Hugo Demetz (Studio DemetzArch), seguono l’orografia del paesaggio, senza alterarlo.
Gli interni sono un omaggio alla semplicità alpina contemporanea: legni naturali, tessuti locali, toni caldi, spazi fluidi. Il concetto chiave è la biofilia: ogni finestra incornicia la natura, ogni elemento è pensato per dialogare con luce e stagioni. Il lodge è anche plastic-free, usa energia rinnovabile e ha un approccio olistico al benessere, tra sauna panoramica, yoga e cucina leggera.
Perché è qui
L’architettura è discreta e mimetica, pensata per integrarsi nel bosco e rispettare l’ecosistema
La gestione energetica è 100% sostenibile, con attenzione anche alla mobilità dei fornitori
L’esperienza è rigenerante: niente orologi, niente frenesia, solo legno, cielo e silenzio
Un luogo dove il design non si mostra, ma si respira.
7. Hotel VIU Milan – Milano, Lombardia
Verticalità urbana e coscienza green nel cuore della città
Nel panorama dell’hotellerie milanese, Hotel VIU rappresenta una rarità: è un hotel urbano di lusso che ha scelto l’approccio sostenibile come parte integrante del proprio DNA. Progettato dallo studio Arassociati, in collaborazione con Nicola Gallizia per gli interni, il VIU è un esempio virtuoso di architettura responsabile e design contemporaneo al servizio dell’esperienza metropolitana.
La facciata, rivestita in legno e vetro con inserti in vegetazione verticale, è già una dichiarazione d’intenti. Le camere sono rifugi silenziosi nel caos cittadino, arredate con materiali naturali e palette neutre. Marmi, legni chiari, tessuti di alta qualità e comfort acustico. La lounge e il ristorante (Giancarlo Morelli al timone) propongono una cucina che valorizza la stagionalità e le materie prime locali.
L’hotel è dotato di un sistema di recupero energetico, pannelli solari e soluzioni per la gestione responsabile dei consumi. E la terrazza con piscina a sfioro offre una delle viste più spettacolari e rilassanti della città, senza bisogno di fuggire da essa.
Perché è qui
L’architettura integra natura e sostenibilità in un contesto urbano, senza rinunciare all’identità milanese
La sostenibilità è tangibile: certificazioni ambientali, efficienza energetica, mobilità elettrica
L’esperienza è moderna e consapevole, con un’estetica da boutique hotel internazionale
“Un hotel che guarda al futuro della città, non solo alla sua bellezza.”
8. Oasyhotel – San Marcello Pistoiese, Toscana
Un ecosistema immersivo tra foreste, design e libertà
Ci sono luoghi che ti riconnettono alla natura senza filtri, e Oasyhotel è uno di questi. Situato all’interno dell’Oasi Dynamo – una riserva naturale affiliata al WWF – è molto più di un hotel: è un esperimento riuscito di turismo rigenerativo, nato per valorizzare 1000 ettari di foresta appenninica senza alterarne l’equilibrio.
Niente cemento, niente lusso artificiale. Le 16 eco-lodge in legno sono costruite su palafitte, pensate per ridurre l’impatto sul suolo e integrate nel paesaggio. Il design è sobrio, caldo e funzionale: materiali naturali, luci soffuse, grandi vetrate sul bosco, coperte di lana, arredi artigianali toscani.
Ogni attività – dal trekking all’osservazione faunistica, dalla cucina a base vegetale alle lezioni di botanica – è pensata per rispettare il ciclo vitale dell’ambiente. La sostenibilità qui non è un’etichetta: è una pratica quotidiana. Persino l’acqua viene filtrata in loco, e l’energia è prodotta con fonti rinnovabili.
Perché è qui
Il progetto è un modello internazionale di conservazione ambientale e ospitalità integrata
Gli eco-lodge sono costruiti secondo principi di design circolare e minimalismo funzionale
L’esperienza è totalizzante: si vive senza orari, immersi nel ritmo del bosco
Un rifugio per architetti stanchi, genitori esausti, e chiunque voglia tornare umano.
9. Numeroventi – Firenze, Toscana
Tra arte, architettura e silenzio creativo nel cuore rinascimentale
A pochi passi da Piazza Santa Croce, nascosto dietro un portone austero in via de’ Pandolfini, si apre uno spazio sospeso nel tempo: Numeroventi. Non è un hotel in senso classico, ma un luogo di soggiorno artistico e di ricerca estetica. È un antico palazzo cinquecentesco trasformato in residenza d’artista e boutique accomodation, dove ogni suite è un dialogo tra storia e visione contemporanea.
Il progetto, fondato da Martino di Napoli Rampolla, unisce arte, design e ospitalità con un approccio editoriale. Gli spazi, curati dallo studio olandese Studiopepe in collaborazione con art director internazionali, mantengono l’anima rinascimentale originale – affreschi, volte a crociera, pareti in calce – reinterpretata con arredi di design, opere d’arte, tappeti svedesi e linee essenziali.
A Numeroventi si dorme in una stanza che potrebbe essere una galleria d’arte. Non esistono orari, TV o minibar. Al posto della reception, una cucina condivisa. Si vive in ascolto, si conversa, si scrive. È un luogo pensato per architetti, designer, creativi, chiunque cerchi ispirazione autentica, fuori dalle convenzioni del turismo standard.
Perché è qui
È un manifesto di ospitalità artistica e rigenerativa nel centro di Firenze
La ristrutturazione è conservativa, materica, non estetizzante
L’esperienza è culturale: ogni soggiorno è un’adesione a una filosofia lenta e consapevole
“Chi entra a Numeroventi non cerca comfort, ma cambiamento.”
10. Apfelhotel Torgglerhof – Saltusio, Merano, Alto Adige
Un frutteto architettonico dove l’ospitalità è agricoltura poetica
Immagina un hotel in cui ogni elemento – dalla camera alla spa, dalla cucina alla facciata – nasca dalla semplice, elegante logica di una mela. L’Apfelhotel Torgglerhof, vicino a Merano, è un progetto agricolo e architettonico unico, dove il design segue il ritmo della terra.
La famiglia Pichler, che gestisce il maso da generazioni, ha trasformato il frutteto di mele in un esperimento avanguardista. Lo studio NOA (Network of Architecture)* ha curato l’ampliamento dell’hotel con un linguaggio poetico e sostenibile: architettura mimetica, tetti erbosi, interni in legno chiaro e vetro che si affacciano sulle distese verdi.
Il gioiello è la Apple Spa, una spa ipogea scavata nella collina, il cui volume scompare nel paesaggio. Il design degli interni è ispirato alla forma del frutto, con elementi organici, cromie naturali e attenzione assoluta al benessere. Tutto è concepito in relazione al ciclo stagionale: dalla cucina a km zero alle esperienze tra gli alberi da frutto.
Perché è qui
L’architettura è biocompatibile, integrata nel paesaggio e con materiali locali
L’hotel è un esempio di ospitalità contadina evoluta, tra memoria e futuro
L’esperienza è multisensoriale: si dorme nel silenzio della campagna, si mangia ciò che cresce intorno, si respira profumo di fieno
“Qui la sostenibilità è cultura della terra, non tendenza.”
Le tendenze dell’hotellerie di design 2025 (e nei prossimi anni)

Ospitalità come paesaggio, progetto e postura culturale
Nel post-pandemia, il concetto di ospitalità ha subito una metamorfosi profonda. I viaggiatori – soprattutto quelli più sensibili, colti, “design-driven” – non cercano più soltanto comfort o estetica, ma esperienze coerenti, etiche e rigeneranti. Da questa consapevolezza nasce una nuova generazione di hotel, agriturismi evoluti, eco-retreat e residenze d’artista che stanno riscrivendo le regole dell’accoglienza.
Ecco le tendenze più rilevanti che stanno ridisegnando l’hotellerie di design in Italia e all’estero:
Architettura mimetica e rigenerativa
Gli hotel non dominano più il paesaggio, ma lo interpretano. Si adattano alla topografia, utilizzano materiali locali e tecniche costruttive vernacolari. La nuova frontiera è l’architettura “carbon positive”: edifici che non solo riducono l’impatto, ma restituiscono valore ambientale al territorio.
Esempi: Oasyhotel, Apfelhotel, Adler Lodge Ritten.
Micro-hotellerie esperienziale
Meno stanze, più cura. Stiamo assistendo a un ritorno all’ospitalità artigianale: piccole strutture con 3-10 camere, immerse in contesti naturali o borghi dimenticati, dove l’host è anche progettista, cuoco o guida culturale.
La scala ridotta permette una progettazione più intima, coerente e sostenibile.
Esempi: Vocabolo Moscatelli, La Dimora delle Balze, Numeroventi.
Hotel come hub culturali e narrativi
L’hotel diventa un medium. Non è più solo un luogo dove dormire, ma un progetto editoriale vivente: ospita residenze d’artista, talk, workshop, performance. Il design è parte della narrazione.
Questo modello è sempre più vicino a quello di fondazioni culturali itineranti.
Esempi: Villa Lena, Casa Maria Luigia, Numeroventi.
Materiali bio-based e intelligenza materica
Il design sostenibile passa attraverso i materiali: legno certificato, calce, argilla cruda, canapa, tessuti naturali, marmi locali, colori a base vegetale.
Ma la novità è l’uso di materiali rigenerativi intelligenti: legni trattati con enzimi, cementi a basso impatto, pannelli in micelio o biomattoni.
Non è più solo “eco”, è bioarchitettura evoluta.
Interior design come spazio mentale
Sempre più progettisti – da Patricia Urquiola a Studiopepe, da NOA* a Andrew Trotter – stanno lavorando su interni che favoriscano il silenzio, la lentezza e la contemplazione.
Il colore, l’acustica, la luce naturale e l’ergonomia diventano strumenti per generare benessere emotivo, non solo visivo.
In questo senso, l’hotellerie diventa alleata della salute mentale.
Digital detox, analogic luxury
Molti nuovi hotel eliminano volutamente la TV, il Wi-Fi nelle camere, o offrono “off-grid suites”.
Non si tratta di povertà tecnologica, ma di una scelta narrativa: si torna a leggere, camminare, scrivere, mangiare insieme.
Il vero lusso diventa l’assenza di stimoli, non l’eccesso.
Ospitalità circolare
L’economia circolare entra nei processi interni degli hotel: arredi recuperati e restaurati, filiere alimentari rigenerative, gestione dei rifiuti con logica zero-waste.
Alcuni hotel – come Apfelhotel o Forestis – chiudono completamente il ciclo del prodotto, coltivando, trasformando, servendo e compostando in loco.
Localismo radicale
L’hotel non racconta più “l’Italia” generica, ma una micro-identità: una valle, un dialetto, un sapore.
L’architettura diventa biografia di un luogo, e ogni elemento – dal pane alla carta da parati – parla di quel territorio preciso.
Non folklore, ma filologia dell’accoglienza.
Co-living di nuova generazione
Alcune strutture – soprattutto urbane – fondono hotel, galleria d’arte, co-working, cucina condivisa e residenza temporanea.
Nasce così una nuova forma di ospitalità modulare e creativa, ideale per nomadi digitali, freelance, designer in viaggio.
Hotel “silent brand”
L’ultima tendenza è il no-logo hotel: strutture che scelgono di non avere insegna, che non fanno pubblicità, che vivono solo di passaparola e presenza in piattaforme culturali.
Scelgono il basso profilo per valorizzare il contenuto e non il contenitore.
Un segno di maturità del settore.
Dove il design diventa memoria e visione
Nel corso di questo viaggio tra hotel italiani di design e sostenibilità, abbiamo attraversato boschi alpini, campagne toscane, città rinascimentali, masserie mediterranee e palazzi urbani. Luoghi diversi, ma accomunati da un’idea nuova – e profondamente necessaria – di accoglienza.
In questi hotel, il design non è più una superficie estetica, ma una responsabilità culturale. Ogni scelta di progetto – dal tetto verde alla luce naturale, dal tessuto grezzo alla disposizione dei volumi – è frutto di ascolto. Di rispetto. Di visione.
Non sono luoghi che gridano lusso. Sono spazi che sussurrano intelligenza, che fanno da ponte tra ciò che eravamo e ciò che potremmo diventare. Dove si può abitare il silenzio, rallentare il passo, tornare a sentire.
In un’Italia spesso ancorata a cliché estetici o a formule preconfezionate, questi dieci indirizzi rappresentano una nuova grammatica del vivere e dell’abitare.
Una grammatica fatta di attenzione, cura, equilibrio. Dove la sostenibilità non è una strategia di marketing, ma una postura etica. Dove l’hotel non è fine a sé stesso, ma parte viva del paesaggio e della comunità.
E forse è proprio questa la vera lezione: che l’ospitalità più bella è quella che si dimentica di esserlo. Che smette di intrattenere e comincia a custodire.
Custodire i luoghi, la memoria, la bellezza.
E il futuro – se vorrà essere abitabile – dovrà somigliare a questi hotel: umani, imperfetti, radicati. Ma capaci di farci sognare.
Vuoi far parte di questa visione dell’abitare?
Se rappresenti una struttura ricettiva che ha fatto del design, dell’architettura sostenibile e dell’esperienza consapevole la propria cifra distintiva, raccontaci la tua storia.
Scrivici a info@archieinteriors.com
Potresti essere il prossimo protagonista della nostra rubrica dedicata all’hospitality d’autore.
Archi&Interiors.com è il magazine che osserva il mondo del progetto con uno sguardo autentico, umano e selettivo. Diamo voce a chi fa architettura con etica, estetica e intenzione.
E lo facciamo senza filtri: raccontando luoghi reali, persone vere, storie che meritano di essere condivise.
Perché oggi più che mai, progettare ospitalità significa disegnare futuro.
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